marilena florio - comunicazione creativa

pedagogika

Marilena Florio, creativa

“La creatività è multiforme. Ora assume una forma, ora un’altra… difficile a descriversi perché le voci non concordano su quel che si è visto nel lampo brillante...la forza creativa scorre nel terreno della psiche alla ricerca delle cavità naturali che esistono in noi.” (1)

In molti casi la creatività è un “qualcosa” che si fa spazio nonostante insegnanti ed insegnamenti, nonostante la scuola, nonostante la rassicurante modalità di catalogare il mondo. Qualcosa di talmente personale, profondo e potente da infrangere gli argini del fiume e straripare laddove non riconosciuto. I creativi sono spiriti ribelli, fronteggiano situazioni impreviste e caotiche in maniera differente e personale; pesci vivi che nuotano controcorrente, abbracciano la tensione del processo creativo con una passione che non può che essere autodeterminata, invece di seguire ordini: seguono la propria strada, dove alcuni vedono differenze loro vedono paradossi e da qui partono per aprire nuove vie. Nella testa e nella vita di un creativo la creatività non ascoltata, non accolta, è la più pericolosa: da dentro esplodono visioni, idee, forme che non chiedono altro che di poter essere espresse e materializzate. La creatività bloccata possiede una forza intrinseca, che – vagando nel puro pensiero – può creare conflitti e dare prelibati frutti stagionali quali ansia e paura. Diventa un fiume in piena, ostruito da una diga di pattume psichico. Il nostro lavoro quotidiano è quello di pulire questa diga, detrito dopo detrito, per liberare il fiume e lasciarlo fluire verso il mare, perché possa essere manifesto, riconosciuto, condiviso. Questa è la prima riflessione che vorrei portare da persona creattiva: la forza creativa lavora comunque in noi. Quando fluisce è per noi fonte inesauribile di nutrimento, mentre quando incontra barriere, che noi stessi costruiamo con i materiali più svariati, si trasforma in un demone che - non potendo manifestarsi - rimbomba in ogni dove all’interno del nostro essere. Da ciò si può comprendere quanto il “lavoro” legato alla creazione sia un lavoro innanzitutto su di sé, un lavorio profondo che ci mette di fronte ai nostri limiti: le nostre insicurezze, le nostre credenze culturali, le nostre paure di rivelarci come esseri indipendenti, non omologabili. Il pensiero laterale attraverso il quale si muove e si schiude il processo creativo è un pensiero diffuso, dinamico ed associativo, capace di raccogliere e riallineare significati in nuove forme. Una prospettiva diversa, allargata, che include linee d’ombra invisibili all’orizzonte del pensiero lineare, che per contro percorre da sempre la strada conosciuta, quella che permette di catalogare e codificare mappe e mondi conosciuti, ignorando vicoli, svolte ed incroci che potrebbero invece portare a nuove scoperte, nuovi paesaggi e nuovi significati.

Una diversa angolazione permette realmente di vedere un orizzonte diverso, nuovo ai più e non ancora catalogato. Nella generazione del pensiero laterale può essere necessario sbagliare al fine di perturbare un modello e proporne uno nuovo, in quello lineare è invece essenziale essere nel giusto ad ogni passo - secondo logica. Il pensiero analogico permette di utilizzare soprattutto informazioni non collegate in maniera sequenziale tra loro, astenendosi dal giudizio ed accogliendole, con l’intento di cercare una nuova verità che emergerà solo alla fine di un processo, nonostante questo possa apparire caotico o disorientante, perché fuori “cliché” (la necessità di essere sempre nel vero ostacola la formazione di nuove idee). Fondamentale in tutto il delicato processo di creazione è la sospensione del giudizio, interno ed esterno. All’inizio dei miei corsi propongo sempre un esercizio in proposito: ognuno si impegna con se stesso a non giudicare alcuna esperienza propria o di altri; una vera dichiarazione di intento scritta e personale, di cui ciascuno si assume la responsabilità. Suggerisco di appendere il cartoncino firmato nell’ambiente in cui si lavora, a patto che non sia appoggiato ma appeso (appunto) di modo che il cervello letteralmente legga il messaggio di “sospensione” come reale. In questa maniera l’ambiente (interno ed esterno) risulta diverso fin da subito, la nostra mente diventa automaticamente più ricettiva e rilassata.

Il visual attraverso il quale diffondo la comunicazione dei corsi sulla creatività è la fotografia di un piumino per spolverare; lo slogan che accompagna l’immagine recita “creativi si nasce o si diventa? Creativi si ritorna”, con una rispolverata. Il mio approccio è quindi quello di comunicare la facilità con cui sia possibile riappropriarsi della propria creatività, se riscoperta in un ambiente accogliente (dove per accogliente identifico non solo un attributo di un luogo, ma una specifica e spiccata attitudine degli operatori!) Aiutare a togliere la polvere significa innanzitutto riconoscere nell’altro non una mancanza ma un affossamento di qualcosa che nel tempo della crescita è stato negato, rinnegato o travolto dal comune sapere a discapito della peculiarità unica ed individuale di ognuno. Contrariamente ad altri professionisti credo nella facilità e nell’intelligenza altra del processo RIcreativo (includendone il significato ludico) mediante il RIutilizzo dell’emisfero destro in dotazione.

La difficoltà che si può riscontrare è quella di stilare un programma di base lineare e didascalico da seguire perché, per definizione, la creatività è inattesa ed inaspettata. Non è con la supposizione di “ora faremo questo per conoscere quello” certi di stimolare una zona per trovare qualcosa che conosciamo, già classificato e regolamentato, ma è piuttosto indagare ciò che la creatività dell’altro propone e seguirla nella sue prime espressioni; l’unico percorso educativo possibile per me è quindi di tipo circolare ed attivo. Accettiamo di non sapere e di perderci con l’altro, supportandolo con le nostre competenze nella manifestazione delle proprie nuove idee. Offriamo orientamento piuttosto di mappe: “Una progettazione aperta, flessibile, da costruirsi in progressione e lontana da schematismi risulta coerente con la plasticità ed il dinamismo dello sviluppo infantile (rappresentato in questo caso dalla nostra parte creativa) … capace di sollecitare sinergicamente tutte le potenzialità, i linguaggi e le forme di intelligenza” (2).

Un’educazione attiva “senza rete” che ci permetta di trovarci laddove si muove il nostro interlocutore, cambiando il nostro punto di vista per vedere il suo fiume attraverso i suoi occhi. Dove c’è creatività c’è emozione, le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Adattare - per adottare - le “sette regole dell’arte di ascoltare” (3) ci pone in una situazione creativa per la risoluzione dei possibili conflitti generati dall’affacciarsi alla coscienza di proposizioni e costrutti di pensiero innovativi. Solo alla fine di un processo di maieutica si potrà ricostruire e nominare l’alfabeto riposizionando le lettere nella loro sequenza per permettere all’esperienza di essere letta e riconosciuta (ermeneutica).

Il processo creativo non prescinde dall’esperienza, ritengo infatti che oltre all’emisfero destro vengano coinvolte in tale processo cellule di tutto il corpo. Cellule creative sopite nell’intelligenza del soma che attraverso il movimento fisico vengono risvegliate. La mente creativa (al pari dell’inconscio) si attiva più facilmente mediante simboli, colori, immagini, gestalt, mentre pare incontrare maggiori difficoltà e barriere laddove tentiamo di descriverla e guidarla verbalizzando: il linguaggio attraverso cui si esprime è l’esperienza stessa. “per comprendere il fenomeno della creatività occorre muovere da una concezione che contempli non solo l’io, ma la personalità totale… La creazione ha più a che fare col Sé (e dunque con l’inconscio) che con l’Io (e cioè col conscio).(4)

La creatività spiegata non funziona, non è spiegando all’altro come essere creativo che lo poniamo nella situazione di poter esperire tale condizione.

Il terreno su cui la creatività si sviluppa è un aspetto fondamentale da indagare in termini educativi. Nel periodo dell’infanzia il nostro appezzamento è fertile, rigoglioso, indipendente; nel periodo della crescita vengono piantati più recinti e gabbie che alberi e fiori per la salvaguardia di un parco di specie omologate e riconosciute, classificate. Tutto ciò che verrà allora prodotto come nuovo dovrà avere in sé molta più forza intrinseca per non essere estirpato come erba velenosa od infestante, per farsi accettare e riconoscere come specie unica ed originale… la mia esperienza all’interno de “Il mio canto libero. Un progetto per ragazzi abili, diversamente” (5) mi ha fatto toccare con mano l’argilla, l’acqua, i minerali che formano il terreno creativo dei ragazzi “down” con cui abbiamo lavorato, una creatività decisamente ricca e abilmente comprensibile (!) che Loro ci hanno permesso di ricevere ed abbracciare. Una creatività intatta e multiforme, pronta a fiorire ogni qualvolta il libero ambiente (e soprattutto pensiero) si fosse dimostrato pronto ad accoglierla. La trasformazione di aule in altro si è rivelato non solo efficace ma decisamente creativo. Durante le nostre coinvolgenti esperienze di suono/forma/colore/corpo/movimento “l’avventura” diventava il tema creativo portante del gioco, permettendo a tutti i partecipanti di vedere i propri semi affacciarsi alla soglia dell’occhio cosciente.


Il creativo vive in maniera differente il senso del linguaggio (attribuisce il senso che vuole alle parole che ha), degli oggetti (attribuisce utilizzi difformi dall’uso comune), della vita stessa (sente ed agisce in modo dissonante ai più). In un contesto di esistenza sociale sostanzialmente normalizzato ed omologato, l’approccio della mente creativa permette veri e propri “salti quantici” (inteso come spostamento nella consapevolezza), grazie ai quali muta la propria forma di conoscenza al fine di creare nuovi modelli che rendano obsoleto il modello esistente (6). Non cerca di combattere la realtà, ne forma una nuova partendo da elementi che la determinano: anche quando i modelli sembrano adeguati, non esclude che ve ne siano di più efficaci. Ciò che è riconosciuto come adeguato va sempre bene, ciò che è interessante notare però è che nel nostro pensiero (occidentale) sappiamo chiaramente come operare solo se incontriamo errori: se l’errore compare, compaiono ulteriori indagini, quando tutto fila liscio il nostro pensiero finisce per fermarsi. Il pensiero laterale (generativo, intuitivo, creativo) permette di andare oltre questo apparente blocco mentale, un appassionante lavoro di destrutturazione del conosciuto e ricostruzione in nuovi paradigmi.

“Rivelami il mio cammino.
Non vorrei essere come gli altri, io voglio vedere un mondo nuovo” (7)

La creatività regolarmente infrange le regole (!) analizza costrutti di pensiero lineare al fine di perturbarne l’ordine, attraverso un processo di smembramento del tutto in singole parti a cui attribuire un senso diverso, per poi ricostruirlo in una forma nuova, apparentemente illogica. In questa forma si possono leggere nuove geometrie e nuovi significanti significati. Un grande lavoro di attenzione diffusa e nello stesso tempo particolareggiata (la creatività utilizza gli opposti, apposta), per cogliere i contorni dell’insieme ma anche i singoli dati che lo compongono e poter vedere – laddove gli altri solo guardano – le possibili differenze di senso. Senso /caos/ senso: è un processo che ribalta tutto l’ordine iniziale, acquisito precedentemente e riconosciuto come adeguato, per trasformarlo in caos (in ? + - x : ) determinato il quale (perché di determinazione si tratta!) il creatore dello stesso (il creativo) contempla, si allontana, ne prende le distanze e l’orizzonte cambia, perché cambia il punto di vista da cui osserva…è da lì che può vedere e capire se il quadro che ha dipinto contiene in sé un nuovo potenziale ordine e titolo (8)…E’ come guardare una stella, una costellazione oppure il cielo tutto (quello che riusciamo a contenere nei nostri occhi o ad abbracciare con il cuore). Lo sguardo creativo si sposta nei tre sistemi: individuale (stella) associativa (costellazione) collettiva (cielo). Il cielo di per sé li contiene tutti ma non esclude la creazione di nuovi insiemi all’interno di se stesso. Il processo creativo indaga proprio queste nuove possibili relazioni attribuendone un valore intrinseco. Il poter vedere nuove forme di insiemi è dato dallo sguardo interiore che si pone su un agglomerato di stelle (l’oggetto assume una definizione in relazione alla specificità, caratteristiche e vissuto dell’occhio che lo sta guardando). Come disegnare un cielo stellato? Blu e giallo? Un rettangolo con puntini o con stelline? Vediamo veramente in cielo la forma delle “stelline”? Cosa ci ricorda il fenomeno naturale che stiamo osservando? Una coperta? Un gioco di linee invisibili da unire per delineare una forma che mentalmente vediamo apparire? …e ancora: guardiamo il cielo ora a noi “nascosto” da una nuvola; cosa stiamo guardando e come lo descriveremmo? Come è codificato dentro di noi ciò che stiamo vedendo? Che significato assume quella nuvola? Mi impedisce di vedere il cielo che sta dietro o mi racconta altro? …sono tutte domande che una mente creativa di continuo si pone (anche spontaneamente) e che ci fa capire la differenza tra il guardare una cosa e vederne un’altra. Una delle caratteristiche primarie del pensiero creativo è porre domande in modo nuovo, costruttivo e – a volte – destabilizzante “ci vuole una mente singolare per intraprendere l’analisi di ciò che è ovvio” (9)

Pensiamo per esempio agli Sciamani (spiriti creativi per eccellenza) che leggono “attraverso” le nuvole, vedendo simboli in continua trasformazione per parlarci del nostro percorso di vita, illuminazione o guarigione guidandoci attraverso metafore sacre … Una nuvola con la forma di un cavallo cosa esprime a me che la osservo? Potenza? Paura? Forza? Le immagini e la simbologia governano (e ne sono il linguaggio) il nostro inconscio, individuale e collettivo. La mente creativa oscilla continuamente tra inconscio/emozioni e conscio/razionale creando ponti e sintesi tra le due parti (solo apparentemente distanti). La fantasia, lo spirito del gioco e dell’avventura ci muovono a disegnare nuovi profili del cosmos che abitiamo (fisicamente, psichicamente, spiritualmente). I prodotti determinati dalla nuova “visione creativa” saranno sempre fruibili ed utili. Godibile ed efficace possono essere due termini intrinsecamente collegati a chi “vede” oppure relativi alla sfera di utilizzo di altri (un pubblicitario crea in funzione dei prodotti indagati per conto del cliente e non direttamente per sé). Che si tratti di arte, di educazione, di terapia o di business la creatività – alla fine del processo – ri-porta sempre con sé le funzioni di “godimento utile”. Essa può apparire strana, ma efficace per un dato scopo (autodeterminato o eterodiretto) Non comprendo quindi il dibattimento di alcuni studiosi riguardo la questione di utilità/inutilità del prodotto creativo. Generare un’idea nuova fine a se stessa non significa che quell’ idea sia inutilizzabile, forse potrà sembrare tale per un lasso di tempo, poi “magicamente” troverà il suo posto nel mondo (che sia immaginifico o reale poco importa) Io stessa mi sono costruita una credibilità faticosamente perché le mie idee sembravano “esagerate, fuori luogo” per poi scoprire che erano semplicemente “precorritrici dei tempi” (i miei clienti bocciavano idee perché “troppe” salvo poi vederle realizzate da loro competors a distanza di mesi o anni…), ma questo stesso empasse mi ha permesso di guadagnare una grande fiducia da parte loro e conquistarli nel tempo (grazie alle manifestazioni delle mie stesse idee da parte di altri: stessa fonte, inconscio collettivo!) Una grande fatica è portare la propria idea al mondo, se la stessa non viene riconosciuta…(è qui che un creativo si stanca, non nel caos, ma nella forza di persuasione che deve utilizzare per il trasferimento dell’idea ad altri che possiedono un diverso livello di adeguatezza/consapevolezza)

Ognuno di noi vede il mondo da una diversa, originale angolazione. Ognuno guarda lo stesso cielo o lo stesso concetto con occhi diversi. Il creativo ha occhi liberi di vedere e di sentire (sinestetico) perché si pone fuori dalla gabbia delle convenzioni e delle regole (che ben conosce!) per fare esperienza diversa da quella standardizzata. Ci accorgiamo che la creatività è esperienza quando lasciamo sedimentare dentro di noi tutto il caos che abbiamo sistematicamente (!) creato, quando sentiamo una tensione, vediamo una nebbia e veniamo letteralmente “illuminati” mentre facciamo altro! Ciò per me sta ad indicare che la creatività abita il corpo, la mente, lo spirito e possiede un movimento proprio non convenzionale. E’ la nuova stella nel cielo, la nuova luce che ci trasmette il “nuovo”, l’innovazione (alterare l’ordine delle stelle stabilite per fare stelle nuove). Pensate (o “cercate” se non lo ricordate o “vedete con la mente”) al Cielo di Chagall: per il poeta pittore (o pittore poeta) è un mondo sottosopra, che sfida le leggi di gravità, un tempo senza perimetro e sponde; ma come poter asserire che anche per noi – per ognuno di noi in maniera diversa – quel cielo non abbia un senso? (estetico/emotivo/animico/geometrico/ …)

La creatività ha la prerogativa di abitare spazi improbabili, che proprio per le loro profondità e abissali altezze (!) possono (oserei dire devono) essere sempre e comunque comunicati (in maniera conscia a sé o agli altri) “mi tuffo nelle mie riflessioni e volo al di sopra del mondo” (7)

Il cammino si rivela mentre si avanza (o si arretra, tanto è uguale), colui che cammina (o salta o nuota) è il creatore di mondi possibili, poiché il suo percorso è invenzione. Nessuno è abituato a vedere il cielo sottosopra (a parte i pipistrelli intendo) ma è davvero una questione di iniziale esercizio che ci permette un approccio diverso, diventa esperienza fondamentale per il proseguo del cammino; ho visto cieli rossi ardere tra le mani di un ragazzo down, giganti di silenzio grigi nelle orecchie di una bambina sorda, nero fitto e opaco nella penna di un amico. Abbiamo la responsabilità di trovare la maniera più neutra ed efficace di tirare giù quel cielo e porgerlo come tavolozza da esperire a chi vogliamo accompagnare in un percorso creativo, togliendo pareti (soprattutto quelle nostre), aprendo lo spazio (dentro e fuori) e spogliandoci (momentaneamente) del nostro sapere e delle nostre competenze per permettere al sé creativo dell’altro di manifestarsi in ambiente accogliente e protetto. La creatività è naturalmente da proteggere perché ha in sé il potere di cambiare il mondo!


1 clarissa pinkola estes

2 orizzonti educativi 1991

3 sclavi

4 widmann

5 2007/08 aggio/florio

6 fuller

7 chagall

8 forma caotica per un concetto caotico

9 whitehead

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